Intervista ai NASTRO – “Le generazioni precedenti alla nostra ci vedevano troppo svegli, alquanto astratti e poco idealisti per un cambio di staffetta, il risultato fu una enorme spaccatura esistenziale tra l’epoca dei vinili e quella degli mp3. Oggi che i successi si conquistano a colpi di streaming tutto questo fa veramente sorridere.”

 

Ciao, di dove siete e che fate nella vita?

 

Manuel Cascone: Borgo Faiti (LT) e come scrisse qualcuno “il mio mestiere è vivere la vita”.

 

Francesco Petricca: Roma. Di giorno varie cose, di notte cerco di dormire.

 

Flavio Scutti: Vivo a Milano, mi occupo di arte contemporanea.

 

Pierluca Zanda: Ciao sono di Latina e per ora faccio principalmente video musicali e documentari.

 

Io conosco e ho visto in azione i Nastro più volte come duo ma non ho mai incrociato la formazione originale. Sono arrivato a Roma quando già non c’era più o comunque ancora non ero al corrente della vostra esistenza essendo nuovo in terra straniera. Qualche mese fa Flavio Scutti, mi ha regalato il vostro primo disco e ci sono rimasto sotto. Penso che sia semplicemente un capolavoro, uno di quei dischi che quando li ascolti pensi che sia stato registrato tipo ieri, insomma un disco senza tempo. Quindi partiamo dall’inizio e raccontatemi la storia dei Nastro, quando, come vi siete formati e perché?

 

Manuel Cascone: l’anno esatto credo sia il 2006: un bel giorno Antonio Giannantonio invita Flavio Scutti nel mio studio di via capo d’Africa ad assistere alle prove dei Laser tag , band formata da me, Pierluca Zanda, Andrea Noce e Antonio Giannantanio (tra l’altro quel giorno avevamo deciso di fare le prove sotto l’effetto di droghe psichedeliche). Successivamente cominciò una primordiale collaborazione tra Pierluca e Flavio, di li a poco Flavio convocò Francesco Petricca e Pierluca convocò me: così nacquero i Nastro.

 

Francesco Petricca: Grazie! Con Flavio suonavamo insieme dagli inizi del 2000. Gli altri li conoscevo e li apprezzavo nei Laser Tag. Un giorno, in circostanze che non ricordo e non vedo perché dovrei, mi chiesero se volevo unirmi a un gruppo che avevano intenzione di formare. Credo che l’idea più lungimirante che c’era dietro questa iniziativa era quella di usare degli strumenti. Ma non ne sono ancora certo.

 

Flavio Scutti: Negli anni 2004/2005 tornavo spesso a Roma a trovare Grip Casino (aka Antonio Giannantonio, il fondatore della Geograph Records http://geographissues.blogspot.it/ che anni dopo lancio nel mondo discografico vari artisti di prestigio tra cui Calcutta) con cui avevo un progetto, i KERRES che ebbe una veloce evoluzione nei PINK RED BLACK SWEATER. In quelle occasioni ebbi l’opportunità di conoscere meglio i componenti del suo nuovo progetto LASER TAG che avevo già incontrato anni prima in una serata allo Stay Free di Corso Trieste in cui suonavamo insieme con gruppi diversi. Poi un pomeriggio andammo a trovare Pierluca Zanda nel suo home studio per fare una jam session e ci prese così bene da voler continuare a vedersi. La volta successiva per avere dei volumi di suono più importanti ci incontrammo nello studio di registrazione di Manuel Cascone al Colosseo. Dopo i primissimi incontri chiesi di aggiungersi all’happening a Francesco Petricca (aka Vono) con cui avevo il progetto BAD SPENCER BUS EXPLOSION insieme ad Alessando La Padula (aka Pad, Masoko, The Zars) e venne fuori un pezzo. Del perché ci siamo formati probabilmente rimarrà un mistero. Nei primi tempi Manuel nemmeno voleva continuare più di tanto, riteneva che fare jam senza finalità fossero superflue, ma io e Pierluca ci credevamo maggiormente e allora ritenni e dissi che c’erano ottime potenzialità nel progetto e che mi sarei impegnato finché non fosse stampato un disco. Si convinse e fatto sta che dopo quel disco Manuel e Petricca hanno continuato negli anni a portare avanti la band e io e Pierluca ci siamo presi una piccola pausa per divergenze progettuali.

 

Nastro Viaggio in Treno verso Napoli

 

Pierluca Zanda: Io abitavo all’epoca, si parla credo del 2006 o 2007, in via Statilia. Per un periodo visse con me il Gringo, al secolo Antonio Giannantonio, che suonava nei Laser Tag insieme a me Manuel ed Andreina Noce. Un giorno lo venne a trovare Flavio, che non conoscevo bene di persona anche se in passato avevamo per un paio di volte condiviso il palco con progetti diversi. Insomma da lì la frequentazione continuo’ e decidemmo di mettere su un gruppo. Lui conosceva Francesco che sarebbe diventato il nostro batterista. Il giorno delle prove ci ritrovammo noi tre e Manuel, che doveva aprirci la saletta per fare le prove ma si presentò direttamente con il basso dicendo di far parte della band. Ok. Così nacque la band. Il nome mi fu comunicato da Manuel e Flavio mentre prelevavo alle poste di Torpigna, lo ricordo bene perché all’inizio pensai: “bella merda”.

 

Mi sembra di aver capito che la storia legata alla produzione/parto di quel disco sia stata abbastanza tormentata. Raccontatemela.

 

Manuel Cascone: Dopo pochissime prove nella saletta di Tor Pignattara, uscirono fuori le prime versioni di “autobus” , “velocità”,”en telefunk”, “bisturi” , “UUU” e il nostro primissimo pezzo ”nastrofisica” , mai uscito se non in un piccolo ep creato velocemente al servizio della pagina myspace credo nel 2007. Nell’estate dell’anno successivo io e Francesco registriamo le basi ritmiche di “il blues” “nella sala video” “HA HA HA” e comincia così un lunghissimo anno di registrazioni: Flavio tirerà fuori la linea di basso di “cestino di frutta” e di “cannibalismo”, Pierluca la chitarra eccezionale di “sul parafulmine”, Francesco voleva assolutamente che le batterie acustiche fossero sempre mischiate a loops di dummachines, io sono completamente impazzito per scrivere testi in italiano di cui non mi dovessi poi vergognare. Dopo giornate di stratificazioni di registrazioni, ore di ricerca di suono di chitarra, batterie elettroniche ficcate nel vocoder, basso eletttrico sostituito a volte da bassline elettroniche, organi fatti campionando i feedback, basi ritmiche e linee di voce rifatte da capo perché magari il sinth o la chitarra portavano il pezzo altrove insomma dopo questo oceano di tentativi più o meno fruttuosi, comincia la fase di editing e quindi rendere tutta sta roba vagamente minimale. Uno potrà pensare: che bella cosa la musica! Sotto quella cantina a via capo d’Africa la tensione di tagliava col coltello per dio, ci sono state aggressioni di tutti i tipi: manate, frustate con cavi audio, minacce soprattutto minacce, l’ego di ognuno di noi soffocato tra quelle mura, il bagno non c’era e si pisciava nelle bottiglie, accanto a noi gli spogliatoi dei gladiatori del colosseo che ogni tanto ricantavano, storpiandoli, i nostri motivetti, a salvarci è stato Skot Brown che si è accollato il missaggio finale, se avessimo dovuto farlo noi non so cosa sarebbe successo.

 

Registrazioni Pierluca, Roma (Marzo 2006) DSC07104

 

Francesco Petricca: C’era un modo di procedere molto faticoso. Il fatto che la composizione e il lavoro di studio coincidessero ha reso tutto molto complesso. Si è teso a registrare diverse soluzioni per ciascuno strumento in ogni pezzo. Molte di esse erano basate su idee di stratificazione di suono. Questo ha generato delle sessioni nelle quali ci siamo trovati in un secondo momento a dover fare faticosamente ordine.

 

Flavio Scutti: Più che altro è durata tantissimo, siamo andati quasi tutti i giorni nello studio situato nelle cantine di un palazzo in via Capo d’Africa per circa due anni.
Ad accoglierci c’era spesso Giulio Cesare in persona insieme ai Centurioni che lavoravano come figuranti nell’adiacente Colosseo e usavano una parte degli spazi come camerino. Lì sotto non prendevano i telefoni e non essendoci il citofono ci aprivano sempre la porta per raggiungere la regia, sono state delle figure fondamentali per la riuscita del disco. Tutto li sotto, tra l’archeologia della Roma antica, era regolato da una serie di tempistiche ed equilibri molto sottili. Comunque dopo questo periodo in cui abbiamo suonato molto dal vivo per perfezionare i brani, finite le registrazioni, soggiunse la problematica del mastering. Ci affidammo a Skot Brown del Kempton House Studio a Oakland, California con cui dividemmo il palco qualche tempo prima. All’epoca i servizi internet non erano ancora avanzati come oggi e dovemmo inviare dei pacchi di cd-r con le tracce, pacchi che si persero più volte nel trasporto intercontinentale allungando di molto i tempi di finitura, talmente tanto che nel frattempo i servizi migliorarono e Skot ci invio le tracce ultimate tramite un servizio di cloud. Da li poi andò tutto abbastanza veloce e ringrazio Luca Benni della To Lose La Track per aver accettato la richiesta di entrare nella sua etichetta sostenendo il progetto e dandoci la possibilità di distribuire l’album.

 

Pierluca Zanda: Io quel disco non me lo so spiegare… ovviamente ci sono legato per vari motivi e riconosco che ci sono delle belle intuizioni, tuttavia rimane anche quella sensazione di disunità dove ognuno portava avanti il suo discorso senza avere ben chiaro il quadro d’insieme.

 

In quel disco si sentono 1000 influenze diverse, dal noise, al kraut, punk, elettropunk, musica sperimentale fino a sfumature di musica prog italiana oscura, che a mio parere caratterizza qualitativamente il gruppo sia da un punto di vista internazionale che italiano. Insomma dentro i Nastro ci sono tutte le cose più potenti e oscure della musica alternativa del 900, sicuramente ogni componente avrà avuto preferenze diverse con qualcuna comune. Che musica ascoltavate? Quali erano i vostri gusti e influenze?

 

OLYMPUS DIGITAL CAMERA

 

Manuel Cascone: Non ricordo bene cosa ascoltassi in quel periodo, ma sicuramente il taglio definitivo alle mie linee di voce è stato ispirato maggiormente dall’ascolto di Patty Pravo e Loredana Bertè.

 

Francesco Petricca: Quelle musiche che elenchi mi hanno “cambiato le orecchie”. Per sempre. Le puoi anche semplicemente riconoscere come modi di esprimersi frullati e metabolizzati nel discorso musicale.

 

Flavio Scutti: Gli ascolti sono sempre dei più disparati, si seguivano delle ricerche che poi ognuno condivideva e il tutto arricchiva il nostro gusto per ovviamente influenzarlo. In quegli anni ascoltavo molta musica elettronica ambient e glitch da Bob Ostertag a Boards Of Canada, ma furono anche gli anni in cui scoprii Enzo Carella e Fausto Rossi insieme ai Chrome e The Pop Group. Una sera andammo ad ascoltare il reading di Genesis P-Orridge e gli scattai una storica foto con Pierluca, ma Throbbing Gristle così come Krisma o The Great Complotto erano stati già metabolizzati anni prima, come un’altra componente che non cito spesso, ma ho macinato e rimacinato dischi di Jazz che andavano da autori come Max Roach fino John Zorn.

 

Pierluca Zanda: Adesso non so dirti bene chi ascoltava cosa, ma credo che i punti migliori del disco siano quando le varie influenze per qualche strano motivo si allineano: quando non succede, c’è un mix di varie cose piuttosto (dicasi accozzaglia) – ma questo ad alcune persone sembrava addirittura il punto forte, QUINDI CHI SONO IO PER GIUDICARE. A questa confusione di fondo si aggiunse l’orribile idea di Manuel e Francesco (tanto lo sanno ci litigai per mesi) di far missare il disco ad un tizio d’oltreoceano – improvvisa svolta esterofila – che ci metteva ogni volta tipo 3 settimane per cambiare che ne so, di 1db il volume della chitarra o aggiungere un riverbero a cazzo di cane. Quindi capisci che io stavo uscendo pazzo, ogni volta un mese fra mail risposte cazzi e mazzi per avere un feedback. Vabbè, classico esempio di auto-sabotaggio che comunque direi contraddistingue l’esistenza di tutti i membri dei Nastro in un modo o nell’altro.

 

Provavate molto? Come funzionava in sala prove, la fase creativa e di composizione?

Sudterranea, Napoli (Dicembre 2007) DSC00087

 

Manuel Cascone: La dinamica prove-registrazione era rovesciata: prima di faceva il pezzo in studio e poi imparavamo a suonarlo in saletta.

 

Francesco Petricca: Come dicevamo, si componeva direttamente in studio. Però c’è un altro aspetto: la resa dei pezzi dal vivo per i Nastro è sempre stata un momento di ricomposizione in sala prove dei brani registrati, una ricomposizione in costante cambiamento. Aggiungi la tendenza a lasciare alcuni aspetti delle strutture aperti: per esempio la lunghezza dell’esecuzione di alcune parti. In più ci sono gli errori e gli incidenti che hanno reso i concerti sempre imprevedibili, anche per la nostra tendenza ad essere fisici in maniera maldestra. Non credo esista un live dei Nastro uguale a un altro.

 

Flavio Scutti: Una due volte a settimana la passavamo a provare, il restante a registrare in studio. Quando lo studio era impegnato ci spostavamo nella sala prove a Tor Pignattara che gestiva Manuel con Stefano Di Trapani (aka System Hardware Abnormal, aka Maximillian I°, aka Trapcoustic, aka Demented Burrocacao, aka Pietra Miliare della musica a Roma, ecc…), insieme a Gabriel (aka Kudu) i quali gestivano anche l’etichetta Selva elettrica. Di lì a breve questi due luoghi divennero il punto di riferimento per gran parte dell’attuale scena romana e capitava che nella stessa giornata frequentassimo entrambi gli spazi. A volte i pezzi nascevano nelle prove, altre da idee venute in studio. C’è un brano “Autobus”, che poi è il primo che abbiamo fatto, alle prove e ai live lo eseguivamo in un modo, poi capitò che Alessandro La Padula c’invitò ad un evento presso il Defrag_ al Tufello (località a noi cara per via del laboratorio di Cesare Bernardini che riparava ogni aggeggio elettronico che trovavamo), ove per una qualche ragione si doveva fare tutto con strumenti elettronici e arrangiammo per l’occasione i pezzi della scaletta esclusivamente con sintetizzatori e campionatori, sul disco finì quella versione. Grossomodo era uno scambio continuo di idee e soluzioni.

 

Pierluca Zanda: Provavamo non so, una due volte la settimana e intensificavamo prima di un live, tutto nella norma. La “composizione” non é che seguisse delle regole precise, magari veniva Manuel con un giro di basso o Flavio con un arpeggiatore e da lì si partiva.

 

Come registravate? Facevate tutto da soli.

Registrazioni Pierluca, Roma (Marzo 2006) DSC07105

 

Manuel Cascone: Quello a via capo d’Africa è stato il mio primo studio, il disco è stato prodotto li, in una buona sala di ripresa, 3/4microfoni standard, un soundcraft 24 canali e un vecchio mac su cui avevo istallato “digital performer 4” di cui non dimenticherò mai il ring modulator e gli inviluppi dei noise gate settati il più veloce possibile in modo da tagliare così tanto da distorcere.

 

Francesco Petricca: Sì, eravamo autosufficienti. Non credo saremmo riusciuti a mettere insieme il disco altrimenti. Però delle masterizzazioni si è occupato Skot B.

 

Flavio Scutti: Ognuno di noi era specializzato in diversi software e abbiamo messo insieme le competenze usando varie tecniche, dai nastri al computer. Quando siamo arrivati a questo lavoro, alcuni di noi avevano già prodotto diversi album e altri erano molto esperti in fonia. Posso dire che insieme avevamo delle competenze abbastanza professionali che ci permettevano di lavorare da soli durante la produzione. Competenze che vennero messe a disposizione anche per altri gruppi provenienti da altre città che decisero di venire a registrare li tra cui i Poland composti da Nico Pasquini (Stromboli, His Clancyness) e Matteo Giancristofaro dei Missili. Ci piaceva l’idea di poter metter su una comunità creativa, ma tutti i tentativi che facemmo in quegli anni vennero pressoché sabotati o presi molto alla leggera, questo tipo di approccio non riguardò solo la nostra esperienza, ma quella di tanti altri che cercarono di metter su un sistema funzionale. Probabilmente dal fermento nato in quegli anni le uniche realtà Romane vicine a noi che hanno assunto una conformazione strutturale e importante sono state quelle che successivamente confluirono in Bomba Dischi. Sono simpatici anche gli aneddoti storiografici: tipo il Pigneto Spazio Aperto dove c’era la sede dell’agenzia Sporco Impossibile era situato in un Loft in cui precedentemente c’era lo studio di Marco Egizi che fornì un aiuto importantissimo nella realizzazione della grafica del disco.

 

Pierluca Zanda: Registrammo nella mitica saletta a via Capo d’Africa, che condividevamo con Masoko, Laser Tag e ragazzi che facevano Reggae. Facevamo tutto da soli e per lo più le registrazioni erano in digitale, tranne qualche traccia di chitarra e basso che registrammo sul mio 2 piste della TEAC.

 

Da come mi pare di aver capito la critica musicale non si filò quasi per nulla il disco, nessuno lo capì ai tempi e credo neanche dopo e neppure adesso. C’è qualcuno che ne ha parlato in modo positivo in questi quasi dieci anni che sono passati? Mi sembra una cosa allucinante che neanche un blogger o un cane sciolto ci abbia scritto su qualcosa. Fu anche colpa vostra per la poca promozione o magari la gente non ne capisce nulla di musica? Voi che ne pensate del disco, vi piace, ve lo ascoltate ancora o vi sembra una schifezza?

DSCF0075

 

Manuel Cascone: Il disco lo ascolto ancora con piacere per fortuna, ma capisco a distanza di tempo le principali critiche: 1) nonostante l’impegno e la ricerca suona ancora molto derivativo; 2) proprio per il troppo impegno risulta poco spontaneo, però c’è anche chi ne parlò bene, colgo infatti l’occasione per ringraziare Gianluca Polverari che ci ha sempre sostenuto con recensioni e passaggi in radio.

 

Francesco Petricca: In realtà la gente ha risposto con entusiasmo alla nostra proposta, mi pare. Molti ci hanno aiutato e promosso. Però quando è uscito l’album il gruppo come quartetto era già praticamente alla fine. Almeno questa è la mia sensazione. Ognuno voleva prendere una strada diversa e l’allontanamento è stato amichevole. Diciamo che il disco è un documento conclusivo. Io lo riascolto con animo controverso, forse non avrei voluto che i brani prendessero una certa forma di “canzone alternativa”. Perciò ritengo che un gran numero di critiche mosse alla nostra musica di quel periodo siano pertinenti. Le idee strumentali continuo a ritenerle valide e ci sono dei “bozzetti” che sono rimasti inediti con delle intuizioni che avrebbero meritato spazio su supporto registrato.

 

Flavio Scutti: A parte l’autorevolezza di Gianluca Polverari che nel suo programma radio Alternitalia ha trattato tutta la musica di ricerca prodotta a Roma e non, Emanuele Tamagnini di Nerds Attack e Paolo Miceli di Komakino Fanzine ai quali bisogna dare un premio di merito, credo uscì una sola recensione sulla rivista Rumore, per giunta inaspettata perché fu l’unica a cui non inviai il disco, sulla quale il redattore blaterò concetti tipo che fosse un disco troppo fatto bene per essere di un gruppo alternativo e secondo lui non sincero perché puntavamo al pubblico di massa. Visti i risultati commerciali abbastanza esimi da ciò che fu apprezzato in larga scala in quegli anni, probabilmente commise un errore di previsione. Semplicemente è un disco fatto nelle migliori possibilità democratiche che potevamo realizzare in quel momento, senza nemmeno così tante ambizioni, volevamo produrre qualcosa di interessante per noi e per chi aveva voglia di ascoltare qualcosa con un sapore nuovo. Venne distribuito dalla Audioglobe e lo presentammo al Meeting delle Etichette Indipendenti a Faenza, dove lo consegnai personalmente a diversi giornalisti e addetti al settore. Seguì tutto l’iter classico possibile per una produzione considerata indipendente. Non c’è nulla di cui posso dire avrei potuto fare di più.  A parte le sonorità che riconducevano a dei percorsi abbastanza colti e poco facili per l’orecchio comune, resta un lavoro che indaga gli aspetti perversi dell’essere umano, per sua natura nasce come un classico e prima o poi avrà la sua collocazione appropriata nella critica musicale. A me personalmente più passa il tempo e più piace.

 

Pierluca Zanda: Ho già risposto sopra, mi piacciono molto alcune cose che posso anche elencarti: IMQ, autobus, velocità (con la coda UUU), cestino di frutta, nella sala video sono i brani che preferisco…la coda psichedelica di sala video forse é la cosa migliore di tutto il disco. No non ci cagò nessuno, e chi lo fece ci blastò pesantemente – anche utilizzando scale di valori extramusicali: “cantante peggio vestito della storia” e cose simili. Dovevamo oltre che fargli schifo stargli anche un po’ sul cazzo per qualche oscuro motivo. Devo dire che noi prendevamo tutto abbastanza alla leggera considerato il tasso di egomania che permeava la band… ci ridevamo e non ce ne fregava molto. La promozione del disco fu un’opera concettuale – stanno ancora tutti dentro l’armadio del Petricca.

 

Su internet si trovano video abbastanza deliranti risalenti al 2007-2009 dei vostri live. Sul palco c’era un bel po’ di rumore ed energia e la parte performativa da quanto mi pare di aver capito era importante quanto quella musicale. Avete suonato molto in quegli anni? Solo a Roma o anche fuori?

 

Manuel Cascone: A Roma abbiamo suonato molto, fuori Roma quasi per niente e cmq si dal vivo facevamo un casino, volumi altissimi e nessun rispetto dei pezzi: in quel periodo avrei voluto solo ballare sopra un playback.

 

Francesco Petricca: Roma principalmente, ma anche altre città italiane. Sì, è vero, siamo anche molto fisici, come dicevo. Parlare di performance però è un po’ impegnativo.

 

Flavio Scutti: Il progetto aveva anche lo scopo di proporre un live con strumentazione elettronica per avere un suono contemporaneo che avesse un impatto molto forte. Si partecipava come spettatori all’inizio dei grandi festival di musica elettronica in cui al massimo vedevi uno dietro un computer e qualche video, eravamo lontani anche dalle installazioni sonore, il sistema Arduino viene sviluppato proprio in quegli anni. Il panorama che ci circondava era composto da band ancora ferme al rock e tutto quello che c’era nella musica elettronica contemporanea non era suonato quasi mai dal vivo in un modo performativo, a noi interessava raggiungere quell’obbiettivo. Ci sono state diverse esibizioni dal Trentino alla Campania. Fondamentale fu l’aiuto di Alfonso Acocella (Dj Foffy aka Dj Demon), che ci propose di aprire le date del tour italiano che fece Jessie Evans (Vanishing, Autonervous) con Toby Dammit (Iggy Pop, Swans, The Residents) e partecipare al festival Die Wunderkur, a Bologna oltre a farci conoscere persone con cui collaborammo a Napoli come Fabrizio Vatieri di Ne Travaillez Jamais e Michele Mozzillo di Clinica Margot. A Roma suonammo con Martin Rev dei Suicide. Ci proposero un tour in Francia, ma l’opportunità svanì in dei conflitti interni alla band che portarono ad un successivo cambio continuo della sezione ritmica. In quel periodo ad alternarsi alle bacchette ci fu Cheb Samir (Fondatore dei Trans Upper Egypt) e Alessandro Bottari.

 

Pierluca Zanda: Sì abbiamo suonato abbastanza, non tantissimo, più che altro ci prese sotto la sua ala protettiva un dj di Napoli, Alfonso, chissà perché: lui organizzava festival goth con gente tutta truccata sai quelle cose lì, però ci chiamava sempre…comunque non é che puoi farne tanti di quei live… finiva sempre a schifo. il meglio secondo me l’abbiamo dato, ovviamente, fuoricampo: ci sono dei post live, a Napoli e Bologna in particolare, indimenticabili.

 

Voi siete tra quei gruppi antesignani de Borgata Boredom, ancora il famigerato manifesto non era stato redatto, ma sicuramente a Roma c’era già tutta la gente che poi è andata su quel disco. Che aria si respirava in quella zona in quel periodo?

 

Maggio 2007, Napoli DSC09664

 

Manuel Cascone: Quando uscì sta cosa di B.B. ci sono rimasto molto male come se mi avessero portato via qualcosa, qualcuno ha raccontato una storia che mi toccava da tutte le parti ignorandomi, in quegli anni avevo collaborato in un modo o nell’altro con quasi tutte le persone tirate in ballo (perdonami se parlo per me e non mi limito alla band ma proprio non posso farne a meno). E comunque i Nastro c’erano e come! Sono stati subordinati in maniera del tutto arbitraria. Questo nostro disco che a te piace tanto era uscito da non molto.

 

Francesco Petricca: Il Pigneto l’ho sempre frequentato in maniera poco assidua. Sicuramente lì ci sono e ci sono stati dei locali che hanno favorito la promozione di diverse realtà creative fra le più originali della città.

 

Registrazioni Pierluca, Roma (Marzo 2006) DSC07107

 

Flavio Scutti: Nulla di che in realtà, tanto volemose bene e fallimento a tutti i costi. Dopo l’esperienza di coordinamento di Polyester e le illusioni confluite nel progetto Enzimi di Luca Bergamo (ora assessore alla crescita culturale di Roma Capitale), a parte qualche occasione di contatto con altri musicisti non portarono per noi a nulla di concreto. Sulla musica considerata alternativa nessuno voleva investirci con un progetto ben strutturato, non c’erano agenzie disposte ad organizzare dei tour, non c’erano etichette ed uffici stampa che facevano ricerca e promozione sui nuovi prodotti, solo estero, tanto estero e molta ignoranza. Si colse un po’ la palla con il movimento Luther Blissett, qualche serata, qualche altra compilation, ma anche lì tanti sogni infranti, perché in fin dei conti non c’era una lira per promuovere un prodotto artistico su larga scala. Allorché si intraprese la strada dell’autoproduzione, ma le riviste di settore non accettavano cd-r, e finì così che la musica prodotta sull’avvento popolare di internet riempì un grosso calderone reputato demo che la critica musicale non volle mai assaggiare. Con Alessandro e Francesco fondammo la Naplester®, una delle prime Net Label della storia di cui scrisse un bellissimo articolo dal titolo “Vita metropolitana e produzione popolare” Martin Codax (fratello di Manolo Vazquez, un altro artista che suonava spesso con noi) su Infoxoa 018 del Giugno 2004. Nonostante l’enorme impegno impiegato nel creare qualcosa di significativo, le generazioni precedenti alla nostra ci vedevano troppo svegli, alquanto astratti e poco idealisti per un cambio di staffetta, il risultato fu una enorme spaccatura esistenziale tra l’epoca dei vinili e quella degli mp3. Oggi che i successi si conquistano a colpi di streaming tutto questo mi fa veramente sorridere. Il Pigneto in quegli anni non era una zona molto raccomandabile, raramente ci si andava per far visita a qualche amico fuori sede che per un affitto basso sopportava gli ex Galeotti che spacciavano e si accoltellavano sotto casa. Il primo bar ad ad essere ristrutturato fu Necci e il primo live club il Fanfulla il 31 dicembre del 2006, da li in poi iniziò la rivalorizzazione del quartiere a fini immobiliari. Il comune realizzo l’area pedonale e aprirono gli altri locali, ma noi soggiornavamo in tutt’altre zone, nemmeno ci suonavamo così spesso quanto al Circolo degli Artisti o al Traffic. Il grosso del fermento in quell’area faceva capo alla sala prove a Tor Pignattara in cui suonavano anche il gruppo del mio coinquilino i Sea Dweller, le Catering, i Six Orange Mushrooms, tutti i progetti di Stefano e sporadicamente tanti altri, i Bobsleigh Baby preferivano andare nello studio al Colosseo. Comunque la città è grande e mi sono mosso sempre sfruttando tutte le opportunità che offriva, non mi sono mai ghettizzato in un quartiere o in un’area ben delineata e trovavo l’atteggiamento di chi invece calcava la mano su questa identificazione abbastanza folklorostico. Probabilmente l’antesignano di ciò che divenne il fenomeno Roma Est non furono nemmeno gli eventi che organizzavamo al Fanfulla 101, ma la rivista Epoc Ero Uroi a cui contribuivano un po’ tutti gli artisti che gravitavano in quell’area e non solo musicisti.

 

Pierluca Zanda: Non si respirava nessuna aria, non so di che parli.

 

I Nastro sono andati avanti come duo e avete fatto un bel pò dischi, a settembre ho saputo che ricorreranno i 10 anni. Nessuno vi ha chiesto di fare una reunion estemporanea, nel caso ve lo chiedo io e voglio ovviamente aprire il vostro concerto come tab_ularasa!

 

Manuel Cascone: Si siamo andati avanti come duo ma tutto sommato è come se avessimo formato una nuova band, ho voluto mantenere il nome perché odio doverne trovare di nuovi e soprattutto perché mi piace pensare che quella cosa non sia finita, non mi piace la fine delle cose.

 

Francesco Petricca: No, nessuno ha avuto l’ardire, devo ammettere.

 

Flavio Scutti: A settembre si sono compiuti dieci anni di attività dal primo live, Pierluca si mise un po’ avanti per cercare una data, ma non fissammo nulla. Comunque credo che queste cose sia l’ideale farle nella ricorrenza della pubblicazione del disco che sarà nel novembre 2019.

 

Pierluca Zanda: Il decennale é una ricorrenza talmente triste che in effetti ci si addice. comunque la vedo un po’ difficile una reunion eh.

 

Fatevi una domanda e datevi una risposta.

 

Manuel Cascone: Se tornassi indietro lo rifaresti? Si! Cosa cambieresti? Tutto.Genesis P Orridge-Pierluca Zanda - Giugno 2008, Roma

 

Francesco Petricca: Che ore sono? Le sei.

 

Flavio Scutti: Che ore sono? Le diciotto e trentuno.

 

Pierluca Zanda: Sono diventato una persona migliore dopo aver lasciato i Nastro? Sì , e anche loro ne hanno guadagnato – lunga vita ai NASTRO!

 

https://acquanonpotabile.wordpress.com/